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Concordato preventivo  - Nota di variazione IVA al termine della procedura

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    Osirc
  • 12 ore fa
  • Tempo di lettura: 2 min

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Con interpello n. 234/2025 l’Agenzia delle entrate ha confermato che il cedente, quale creditore nel concordato preventivo del proprio cessionario insolvente, che decide di non avvalersi della facoltà prevista dall’art. 26 comma 3 bis del decreto IVA, può legittimamente attendere la conclusione della procedura per emettere la nota di variazione in diminuzione (ai sensi dell’art. 26 comma 2 del medesimo decreto) al fine di recuperare l’IVA non incassata.

 

L’Agenzia delle entrate ha finalmente chiarito che, coloro che scelgono di non avvalersi della facoltà di emettere la nota di variazione IVA all’apertura della procedura, possono attendere l’esito infruttuoso della procedura che attesta il mancato pagamento del corrispettivo.

 

La domanda di interpello è stata proposta dalla società Alfa che vantava un credito (per la fornitura di merce) nei confronti della società Beta.

Quest’ultima a causa di una crisi di liquidità, nel 2020 (a seguito di istanza) veniva ammessa al concordato preventivo poi in seguito revocato.

Successivamente nel 2022, la società Beta presentava nuovamente ricorso per concordato preventivo in continuità aziendale, ottenendo l’omologa di un piano di riparto da adempire entro la fine dell’anno 2027.

 

Quindi la società Alfa ha posto all’Agenzia Entrate due domande:

  1. Il primo relativo alla norma applicabile, ossia se debba applicarsi l’art. 26 DPR n. 633/1972 nella formulazione ante o post riforma decreto Sostegni bis del 2021;

  2. Se il recupero dell’IVA possa avvenire all’esito del riparto finale, ossia al momento dell’infruttuosità della procedura concorsuale in quanto vi è la “ragionevole certezza” dell’incapienza del patrimonio del debitore.

 

La risposta da parte dell’Agenzia in merito alle due domande è stata molto chiara.

 

In merito al primo quesito, l’Agenzia delle Entrate ha escluso che vi sia una “ipotesi di consecuzione” tra le due procedure (concordato del 2020 e quello del 2022), in quanto non vi è unicità di causa (come prevede anche la giurisprudenza di legittimità).

Pertanto si dovrà fare riferimento alla data di avvio del secondo concordato preventivo (ossia 2022).

 

Relativamente al secondo quesito, l’Agenzia ha richiamato la circolare n. 20/E del 2021, precisando che se il cedente scelga di insinuarsi al passivo e di non emettere la nota di variazione di credito al momento dell’apertura della procedura (ai sensi dell’art. 18 del DL 73/2021) e la procedura risulta essere infruttuosa, potrà attendere la definitività del piano di riparto finale del concordato che attesta il mancato pagamento in tutto o in parte del proprio credito e quindi emettere la nota di variazione con detrazione dell’imposta.

Quindi il creditore potrà procedere ai sensi dell’art. 26 DPR n. 633/1972 ante riforma.

 

Finalmente dopo tanti interpelli e circolari l’Agenzia delle Entrate ha eliminato tutti i dubbi in merito al “binario normativo” oggi esistente in materia, lasciando libero il creditore di seguire la normativa che ritiene più vantaggiosa.”

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